Città amica- Convegno 6 febbraio 2004
DIRITTO ALLA CITTA’
Centro e periferia, accesso ai servizi ed alla casa, diseguaglianze e socialità
Piergiorgio Bellagamba
D
iversi sono i "diritti" concretamente riconosciuti ai cittadini nelle diverse condizioni territoriali: non solo tra centro e periferia, ma tra diverse periferie, la città si presenta come "città degli squilibri".Vivere nel quartiere Scampia di Secondigliano a Napoli significa essere privi di garanzie di sicurezza, percepire traffici illeciti senza capacità di difesa, non poter offrire occasioni di lavoro, di crescita culturale e politica ai giovani. Significa assistere all’abbattimento delle "vele" (complessi di edilizia pubblica di notevole dimensioni, nei quali sono stati trasferiti cittadini dal centro città, recentemente in parte abbattuti), come se la responsabilità della "mala-vita" fosse attribuibile ai contenitori fisici della residenza e non ai "responsabili" della pianificazione e gestione della città.
La qualità dell’ambiente urbano determina fortemente le condizioni di socialità, le forme di solidarietà e di aggregazione dei cittadini. Il degrado della città spinge l’individuo ad esasperare il proprio individualismo, ad accettare di restare solo in mezzo alla gente.
L’accesso ai servizi (istruzione, sanità, ambiente, mobilità, ecc.) costituisce una possibilità fortemente differenziata, determinata dal luogo in cui si abita e dalle capacità economiche individuali. Alcuni servizi sono privatizzati e vengono erogati a tariffe non accessibili a tutti i cittadini, fissate in funzione dell’equilibrio del bilancio della Azienda che li gestisce.
La casa in affitto si rivolge a ceti sociali di discrete possibilità economiche e non soddisfa le esigenze di alcune categorie di cittadini (anziani, giovani coppie, lavoratori saltuari, extracomunitari, ecc.). Non viene oggi affrontata in modo complessivo la questione casa, schiacciati dal forte peso di abitazioni in proprietà nel nostro Paese ( pari a circa l’80 %, la più alta in Europa ad eccezione di Spagna ed Irlanda) e dalla esigua quota di residenza pubblica (4,5%, a fronte di una media europea del 15%, con punta dell’Olanda del 36%) ma il problema sussiste, specie nelle aree urbane. La risposta da parte degli Enti locali deve essere quella di prevedere nuclei di residenza pubblica nel tessuto delle città, attribuendo parte dei costi di riqualificazione ed urbanizzazione agli interventi di operatori privati.
Nel dibattito internazionale (nelle Conferenze Habitat/ONU organizzate da molti anni) si parla di "povertà urbana" per segnalare le condizioni di degrado sociale e fisico delle città dei Paesi del terzo mondo. In alcune città del nostro Paese, annoverato tra i "Paesi sviluppati", sono assegnate ai cittadini condizioni di vita che non assicurano i diritti, "principi fondamentali" indicati dalla Costituzione: alla istruzione e cultura, alla salute, al paesaggio, all’ambiente, al patrimonio storico-culturale, alla partecipazione alla vita sociale e politica, al rispetto delle leggi, ecc.
La dinamica delle trasformazioni delle città e dei territori in Italia negli ultimi 50 anni mostra situazioni in cui i fenomeni di urbanizzazione sono accompagnati dalla distruzione dell’ambiente naturale e storico-culturale, con notevole "spreco" di suolo
(la superficie urbanizzata è aumentata di 7-8 volte, a parità di popolazione insediata), forte peso dei fenomeni di edificazione illegale (l’entità degli abusi risulta, in alcune situazioni, maggiore della quantità di interventi legalmente realizzati e si accompagna a quote elevate di abitazioni non utilizzate).
La città che progettiamo oggi deve essere concepita come rete di componenti urbani. Non un aggregato di "casette" diffuse sul territorio, che gravitano su un centro urbano che assorbe tutte le funzioni economiche e culturali principali, ma una rete di insediamenti ciascuno dei quali si caratterizza per la propria identità e diversità e vive di relazioni con gli altri elementi della rete. Obiettivo del progetto urbano deve essere quello di individuare la struttura dei rapporti tra i diversi elementi, esaltando le qualità del singolo luogo all’interno del sistema unitario. In tal modo i nuclei periferici riscattano la propria dipendenza dal centro, offrendo servizi e qualità specifici.
Nel corso della storia dell’umanità – dal momento in cui l’uomo abbandona la condizione di nomade, alle civiltà degli insediamenti sui grandi fiumi (Tigri ed Eufrate, Iraq, ecc.), alle città della cultura greca, romana, medioevale, rinascimentale, moderna e contemporanea – la nascita di città è occasione di progresso sociale ed economico, nonché espressione dello scontro di potere tra gruppi e classi contrapposte. Oggi lo scontro viene espresso tra soggetti che vedono nel territorio e nelle città occasioni per effettuare investimenti redditizi e coloro che nelle città abitano, lavorano, coltivano lo spirito ed il corpo.
Le "aree urbane" sono attualmente sedi di problemi gravi di organizzazione delle condizioni di vita ( mobilità, casa, servizi, ecc.), connessi al degrado della società e dell’ambiente, ed esprimono notevoli difficoltà ad esercitare funzioni di governo del territorio.
Il progetto urbano è compito delle Istituzioni locali, non affidabile al "mercato": uno dei problemi da risolvere è quello di individuare strumenti per garantire il controllo pubblico delle trasformazione territoriali e condizioni di parità dei cittadini nella fruizione delle attrezzature della città e nella acquisizione dei "surplus" di valore attribuiti dal Piano ai diversi luoghi.
Gli strumenti di coinvolgimento dei privati ( Convenzioni, oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, Società di trasformazione urbana, Project financing, ecc.) non risultano spesso inseriti in progetti che attuano obiettivi pubblici: le scelte sono consegnate ai meccanismi del libero mercato ed a quelli, apparentemente asettici, della burocrazia, che giudica sulla base di parametri economici, attribuendo scarso valore alla qualità degli spazi urbani ed alla equità sociale.
L’obiettivo di restituire centralità all’intervento pubblico passa attraverso la soluzione di alcuni nodi tecnico/politici: l’acquisizione di capacità progettuali, di valutazione e di iniziativa da parte degli Enti locali, che sappiano indirizzare e coordinare i diversi soggetti che intervengono sul territorio, garantendo anche a quelli di livello locale (Comitati di Quartiere, Municipi, Associazioni ed Organismi vari), a diretto contatto con i cittadini, poteri e strumenti di intervento che il principio della "sussidiariertà" loro riconosce.
Domande
Rivolta ad Antonello Cabras, Responsabile nazionale Autonomie locali DS.
Il ruolo assunto dalle Istituzioni locali nel nostro Paese, definito dalla Costituzione del 1947 e ribadito dalla Legge Costituzionale 18/10/2001 n.3, Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, offre uno spazio consistente alla formulazione di linee e strategie che, nel rispetto del principio di sussidiarietà, consentano agli Enti stessi di esprimere valori di sinistra ( diritto alla città, alla legalità urbana, alla bellezza, alla partecipazione, alla equità, ecc.) nel governo del territorio e delle città.
Quali sono gli obiettivi, le modalità e gli strumenti delle azioni di coordinamento delle Autonomie locali da parte del Partito democratico della sinistra?
Rivolta a Paola Agnello Modica, della Segreteria Nazionale CGIL
Trenta anni fa le Organizzazioni sindacali hanno impostato piattaforme di crescita sociale ed economica assegnando ai problemi del territorio e delle città una posizione centrale (lotte per la casa ed i servizi degli anni ’60/’70), coinvolgendo i saperi delle Università, attraverso le "150 ore", per assicurare contenuti specifici alle rivendicazioni dei lavoratori.
Tali problemi sembrano non essere più al centro delle attività del Sindacato: forse perché i problemi delle condizioni territoriali sono passati in secondo piano rispetto a quelli di garanzia del lavoro e del salario, o perché sembrano raggiunti gli obiettivi delle lotte.
Le condizioni attuali, sia pure modificate dalle trasformazioni di questi anni, che hanno differenziato le condizioni nelle diverse parti del Paese ed hanno offerto una pluralità di strumenti di governo e di partecipazione, impongono, a nostro parere, la ripresa di una forte attenzione da parte delle forze sindacali sui temi indicati, dai quali dipendono le condizioni di vita e di crescita culturale e sociale di tutti.
Rivolta a Paolo Corsini, Sindaco di Brescia.
Come utilizzare gli strumenti disponibili (legislativi, economico-finanziari, progettuali, ecc.) per riconoscere la centralità delle Istituzioni pubbliche ed assicurare agli Enti locali un controllo effettivo delle strategie e delle scelte che riguardano la città ed il territorio, atte a garantire i "diritti alla città" a tutti i cittadini ed a difendere le Autonomie da soggetti che pretendono di sostituirle in nome di una errata interpretazione del "mercato".