Cara Luisa, accolgo il tuo desiderio di pubblicare gli interventi
sull'ultima Biennale di architettura di Venezia, comunicandoti che verranno
inseriti nel prossimo numero della rivista di architettura e arti Anfione e
Zeto (AZ) che ho fondato nel 1988 e che attualmente dirigo.Ho apprezzato
molto l'intervento di Umberto Cao per la sua estrema chiarezza e precisione.
Credo sia importante prendere posizione nei confronti di questa
manifestazione internazionale che trascende il valore di semplice'mostra' di
architettura contemporanea, in quanto depositaria, dalla sua nascita, di
necessarie tensioni propositive per il futuro dell'architettura, e, di
conseguenza, delle città. Non possiamo assolutamente dimenticare che
attraverso l'edificazione architettonica, indispensabile e 'responsabile'
strumento di 'costruzione' di identità di strutture sociali, si può avere il
polso del 'buon governo' di una intera comunità: città, nazione o villaggio
globale che dir si voglia.Indubbiabiamente i problemi da risolvere sono
molteplici: ma come sempre vanno affrontati con le reali priorità. Oggi,
come non mai, il problema prioritario dell'architettura è quello della casa,
che, con la sua imposizione prepotente,vede impegnati operatori economici
d'assalto i quali, per nulla al mondo interessati alla qualità della vita
degli spazi abitativi proposti e, tanto meno alla qualità del prodotto
architettonico,si 'industriano' a consegnare alloggi 'privati' dei requisiti
minimi di abitabilità rispondenti a criteri di civile convivenza.
Orrendi aggregati periferici di completamento o di integrazione-sostituzione
di grandi aree dismesse alimentano una massiccia e magmatica operazione
economica a sostegno dei grandi operatori che individuano fette di mercato
disponibile a vari livelli e destinati a varie categorie sociali:dal
palazzetto in pieno centro storico restaurato a costi indicibili per le
classi più abbienti, alla cellula abitativa periferica (minima o massima) da
destinare alle più svariate categorie di persone che, prese da necessità,
accendono mutui da chiudere nel corso di un'intera esistenza!Questa è la
realtà di uno dei problemi dominanti per l'architettura contemporanea,
problema decisamente troppo spesso dimenticato dalle grandi mostre che
soffermano la loro attenzione sulle esercitazioni formali e mediatiche per
le grandi opere dei 'soliti noti'.Il tessuto connettivo delle città e la sua
'cura' è quasi sempre ignorato: integrazioni minime, sostituzioni
difficili,inserimenti nuovi, continue ristrutturazioni e/o modificazioni
gestiti molto spesso da professionisti che, se non sono investiti dal 'sacro
furore della creatività' sono completamente manipolati dal mercato
immobiliare. Se "non tutto ciò che è costruito è architettura",come diceva
L.Kahn, sicuramente anche non tutti coloro che commissionano edifici sono
committenti responsabili e interessati alla riconoscibilità di ciò che può
essere definito architettura. Essenzialmente per questo la responsabilità
del singolo progettista cresce a dismisura insieme alla necessità di
'resistere' alle proposte di un mercato che a tutto è interessato fuorchè a
garantire la qualità del prodotto architettonico.Credo che questa
professione oggi sia straordinariamente in prima linea per il fondamentale
ruolo che i suoi 'esiti'hanno nei confronti del vivere civile.Per questo una
manifestazione come la Biennale non può prescindere da questo zoccolo duro
per iniziare a 'ipotizzare' futuri possibili per l'architettura.