PRINCIPI FONDAMENTALI DEL GOVERNO DEL TERRITORIO

Documento e proposte dell’Ulivo di modifica della proposta del testo unificato

La riforma del governo del territorio è tra le più urgenti e necessarie per la modernizzazione e lo sviluppo sostenibile del Paese.

Nella legislazione statale siamo infatti ancora fermi ai principi della legge 1150 del 1942 mentre la realtà delle cose è fortemente cambiata.

L’urbanistica di espansione si è arrestata, crescono le esigenze di recupero e riqualificazione delle città esistenti, si impongono i temi dell’accessibilità urbana, aumenta l’esigenza di governare le trasformazioni con strumenti flessibili e partecipati e non tramite rigide e impraticabili pianificazioni.

Nel nuovo contesto costituzionale e sulla base delle esperienze più mature dell’urbanistica riformista, praticata da regioni e comuni italiani anche di diversa ispirazione politica, le proposte di legge elaborate dall’Ulivo delineano i nuovi principi fondamentali del governo del territorio, nel rispetto del principio di autonomia regionale e di sussidiarietà.

Proposte che hanno già avuto numerosi consensi e che, nell’ambito della comune azione dell’Ulivo, sono ora al centro dell’esame parlamentare nella consapevolezza che si possano ricercare le condizioni per una riforma condivisa ed urgente.

La direzione di marcia emersa dalle esperienze degli anni più recenti, dalle proposte di riforma culturalmente più mature, e dal lavoro che nella scorsa legislatura trovò esito nel cd. "testo Lorenzetti", è ben chiara.

Legge di principi e semplificazione normativa; programmazione solo strategica e di coordinamento a livello regionale; principio di copianificazione, sulla scorta dell’esperienza francese, per rendere più efficace il coordinamento intersoggettivo valorizzando la condivisione dei "quadri conoscitivi"; nuovo piano territoriale provinciale fondato sul sistema ambientale (invariante cogente) e sul sistema delle infrastrutture e dei servizi; revisione della pianificazione comunale tramite una nuova articolazione in piano strutturale-direttore, non vincolistico e di medio periodo, e piano-progetto attuativo, vincolistico e, in alcuni modelli, legato al mandato politico-amministrativo; integrazione preventiva di tecniche di tutela ambientale nella pianificazione urbanistica (principio di sostenibilità ambientale); marginalizzazione, per quanto possibile, dell’esproprio e dei vincoli urbanistici preordinati all’esproprio, salvaguardando quelli ambientali; perequazione tra le proprietà inserite negli ambiti di trasformazione; una più netta distinzione tra regime degli interventi sull’edificato e opere nuove con l’intento di favorire recupero, ristrutturazioni, riuso e riqualificazione urbana; accompagnata da una coordinata e mirata politica fiscale, con l’abbandono dell’attuale logica quantitativa degli standard, in mille modi derogata, in favore di standard prestazionali o reali, ossia di volta in volta valutati nell’ambito del piano-progetto operativo o nel piano comunale dei servizi e delle infrastrutture; determinazione di regole per la disciplina del procedimento di negoziazione urbanistica, anche ai fini dell’attuazione del piano-progetto operativo, garantendo trasparenza, partecipazione e par condicio concorsuale tra gli operatori; eliminazione delle commistioni tra opere di urbanizzazione realizzabili direttamente a scomputo degli oneri di concessione, e grandi opere pubbliche, la cui progettazione e costruzione deve essere soggetta alle regole delle gare comunitarie degli appalti; semplificazione amministrativa delle procedure mantenendo il permesso di costruire per le trasformazioni urbanistico-edilizie più rilevanti; un nuovo approccio basato su una "amministrazione per risultati" e una "pianificazione per obiettivi" coerente con il principio della separazione delle funzioni tra organi politici e responsabili della gestione amministrativa; una più ampia previsione dei nuovi strumenti di partecipazione dei cittadini alle scelte urbanistiche sulla base delle esperienze europee (enquệte pubblique in Francia, encuesta previa in Spagna, pubblic inquiry ed examination in public nel mondo anglosassone).

I temi indicati costituiscono elementi dell’esperienza di "riforma dal basso", variamente praticata dalle regioni e dagli enti locali pur in presenza di una legislazione statale ormai antica e inadeguata.

Dalla riflessione su questi elementi e dalla vasta sperimentazione riformista degli anni recenti, perseguita da governi di diversa connotazione politica, sono nate le proposte dell’Ulivo nell’attuale legislatura.

Nel merito dell’esame del testo unificato, il gruppo dell’Ulivo rappresentato nel comitato ristretto, individua le modifiche sostanziali di seguito illustrate.

-La prima questione è rappresentata dalla nozione estremamente ristretta di governo del territorio, esso è ridotta a poca cosa, alla "disciplina degli usi del suolo e della mobilità". Siamo dunque all'identificazione del governo del territorio con la nozione di urbanistica nel senso più restrittivo, della regolazione delle trasformazioni urbane, con la definizione di regole per una razionale edificazione, ricercando tutt'al più una equilibrata dotazione di spazi e servizi pubblici a supporto dell'edificato. Manca ogni richiamo alla pianificazione d'area vasta, diretta ad integrare le tematiche ambientali e paesaggistiche. Si torna a considerare "la tutela del suolo, dell'ambiente e dei beni culturali e ambientali" non come uno degli obiettivi primari del governo del territorio ma come materie distinte da esso, costituenti un limite alla disciplina delle trasformazioni del suolo piuttosto che una finalità essenziale per la qualità del territorio.

Occorre cogliere nel passaggio operato dal legislatore costituzionale, dalla nozione di pianificazione urbanistica a quella di governo del territorio, l'esigenza di una funzione pubblica di regolazione del territorio, che persegua l'integrazione delle politiche di sviluppo degli insediamenti e delle infrastrutture con la tutela e la valorizzazione del territorio e dei suoi valori ambientali, paesaggistici, culturali, sociali ed economici.

Occorre, quindi, una legge che non si limiti alla disciplina delle procedure e dei contenuti tipici degli strumenti urbanistici, tradizionalmente intesi, ma che sappia cogliere la peculiarità della nuova funzione di governo del territorio nella sua trasversalità, nella esigenza cioè che la pianificazione realizzi innanzitutto il raccordo e la riconduzione a sistema delle più diverse politiche settoriali e specialistiche che incidono sul territorio.

In altre parole, l'aspetto centrale della pianificazione deve cogliersi nella sua capacità di integrare gli obiettivi di sviluppo della realtà economica e sociale con le esigenze di salvaguardia e valorizzazione del territorio, contemperando e rendendo coerenti l'insieme degli interessi pubblici coinvolti dai processi di trasformazione del territorio.

Nella proposta di testo unificato, gli interessi pubblici della tutela del suolo, dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, sono visti come un limite esterno alla materia del governo del territorio.

Questa separatezza viene considerata come la conseguenza del nuovo testo dell'art. 117 Cost. che attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in queste materie, sottraendola quindi, a quella regionale. In realtà la Corte Costituzionale ha avuto modo di chiarire la inammissibilità di questa lettura della netta separazione delle competenze statali e regionali.

La Corte, proprio con riguardo all'ambiente, ha già precisato che non costituisce una materia, bensì un valore costituzionalmente protetto, riservato allo Stato per le esigenze di unitarietà ed omogeneità della tutela su tutto il territorio nazionale, ma che può costituire oggetto della legislazione regionale per gli aspetti collegati funzionalmente con le materie di competenza delle Regioni, tra cui rientra senz'altro, la regolazione dell'assetto del territorio.

In questo contesto, perseguendo l'esigenza di semplificazione ed integrazione delle politiche territoriali, la legge nazionale, che detta i principi fondamentali per il governo del territorio, deve fissare i principi che devono essere osservati anche dagli atti di programmazione e pianificazione settoriale, dai programmi di intervento specialistici ecc. che comunque incidono sul regime dei suoli, regolandone usi e trasformazioni ammissibili.

Nell'ottica di questa nuova nozione di governo del territorio riteniamo fondamentale il principio secondo cui il territorio "non urbanizzato" non è edificabile, salvi i servizi e le infrastrutture e le eventuali deroghe regionali, per categorie generali, nel rispetto dell’art 42 della Cost..

La pianificazione territoriale ed urbanistica deve avere tra i propri obiettivi primari, quello di assicurare uno sviluppo eco-compatibile degli insediamenti e di ridurre al minimo il consumo della risorsa territorio, promuovendo i processi di riqualificazione e riuso delle aree urbanizzate. Ciò anche nella logica di salvaguardare il paesaggio da lasciare alle nuove generazioni oltre ad uno straordinario bene di valore economico.

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Allo scopo di dare un solido fondamento a tali obiettivi generali della pianificazione occorre poi sottolineare la necessità del potenziamento dei momenti conoscitivi e valutativi del piano, cioè degli elaborati diretti a dare un'aggiornata rappresentazione e analisi delle caratteristiche peculiari della comunità locale e del territorio interessato, quali elementi costituivi del piano.

Occorre chiarire che tali contenuti, devono rappresentare il riferimento necessario per la motivazione delle scelte principali che connotano ciascuno strumento di pianificazione.

Questa motivazione non deve limitarsi, come nell'art. 7, comma 3 della proposta di testo unificato, ad aver riferimento alle "proposte presentate nell'ambito del procedimento" primariamente dai soggetti interessati, ovvero alla troppo generica coerenza del piano con i principi generali della legge quadro; ma deve essere più concretamente riferita alla rispondenza delle previsioni del piano, alle esigenze di sviluppo proprie della comunità locale e alla verifica della loro sostenibilità in termini ambientali, territoriali, infrastrutturali, sociali, ecc.

Nell'ambito di questi processi di elaborazione e approvazione dei contenuti dei piani sarà possibile svolgere la necessaria valutazione di compatibilità ambientale, richiesta dalla recente direttiva comunitaria 2001/42/CE.

La concezione riduttiva del governo del territorio, contenuta nel testo, rende più complesso e incoerente il sistema, precludendo la possibilità di reali forme di semplificazione che derivano dall'approccio integrato e concertativo che va posto a base del processo di pianificazione.

-La seconda questione attiene al riparto delle competenze amministrative.

Nel testo unificato si assume il principio di sussidiarietà quale criterio di ripartizione delle attribuzioni tra i diversi soggetti istituzionali . Ma in realtà viene mantenuto un ordinamento fondato, da una parte sul rafforzamento del ruolo statale e dall'altra su un sistema di pianificazione a geometria variabile, di difficile comprensione, che non assume la qualità della pianificazione, come fattore essenziale per il governo dei processi di trasformazione dello stesso.

Il testo legislativo attribuisce allo Stato funzioni amministrative amplissime, che attengono alla "predisposizione di politiche generali e di settore inerenti lo sviluppo economico e sociale, il territorio e l'ambiente", e all'adozione di strumenti di "indirizzo e di intervento per l'attuazione di tali politiche" (art. 1, commi 4 e 5).

Questa vasta formulazione delle competenze statali viene ulteriormente arricchita con un'ampia elencazione di funzioni attinenti all'assetto del territorio e alla tutela dello stesso in campo ambientale, anch'esse riservate allo Stato (art. 2 comma 1). In questo contesto resta ferma la contrarietà, al testo unificato, sul punto del recepimento "automatico" delle infrastrutture e delle opere previste dal DPEF "nelle intese istituzionali di programma e negli accordi di programma quadro" (art 2 comma 4), una impostazione verticistica e inaccettabile, contraria alla stessa autonomia delle intese Stato-Regioni ai sensi della decisione della Corte Costituzionale

n 303/2003.

Per quanto attiene alla pianificazione territoriale il testo unificato considera tale funzione "eventuale" e la sua attribuzione ad un ente non definito. E' infatti la Regione a stabilire quali ambiti del territorio debbano essere pianificati e da parte di quale ente (art 5 comma 1). Non si tratta necessariamente di un ente territoriale (si precisa infatti che la Regione dovrà solo prevedere la partecipazione di tali enti al processo di pianificazione). Si afferma solo che, grazie a questa investitura, detto ente assume un ruolo primario circa la disciplina e il controllo dell'uso del territorio (comma 2) e che, fino alla assunzione delle determinazioni regionali, che sembra debbano essere assunte per legge, questa funzione pianificatoria competa ai Comuni (comma 6).

È evidente il contrasto di tale sistema con l'art. 118 Cost. che attribuisce ai Comuni funzioni proprie, tra le quali è tradizionalmente e pacificamente ricondotta la regolamentazione degli usi e delle trasformazioni del proprio territorio. Ma soprattutto appare inaccettabile questa profonda svalutazione dello strumento pianificatorio, quale momento essenziale per il governo del territorio. Non si comprende come si possa ipotizzare un sistema di pianificazione a macchie di leopardo, che non competa necessariamente agli enti esponenziali della Comunità locale (e quindi dai portatori degli interessi generali della stessa) ma che possa essere conferito anche ad enti che ordinariamente esercitano funzioni di area vasta o che sono preposti alla cura di interessi specifici.

Risulta evidente la forzatura dell'introduzione degli elementi normativi appena riportati, che risultano peraltro incompatibili con gli altri brevi cenni in merito alla disciplina degli strumenti urbanistici, (riportati nell'art.5) che attengono alla natura generale di tali strumenti, (volti alla regolazione dell'intero territorio interessato, agli obiettivi generali della pianificazione; all'articolazione della pianificazione in modalità strategiche, strutturali e regolamentari, alla necessità che i piani urbanistici ricomprendano e coordinino ogni disposizione di settore concernente il territorio, i quali sono ispirati, nonostante la lacunosità e l'eccessiva genericità, alle migliori leggi regionali in materia di governo del territorio di recente approvazione).

Occorre affermare e non potrebbe essere diversamente, che le funzioni di governo del territorio competono primariamente ai Comuni, fatti salvi i compiti che attengono alla cura di interessi di area vasta, espressamente e stabilmente attribuiti dalla legge regionale alla Provincia o alla Regione.

Inoltre la legge deve stabilire le competenze tassativamente riservate allo Stato per assicurare l'esercizio unitario con l’individuazione chiara delle funzioni in merito ai rapporti con gli organismi comunitari e internazionali; al programma nazionale per la tutela del territorio e per le grandi infrastrutture; agli interventi speciali; alla normativa tecnica; al monitoraggio del territorio e allo stato della pianificazione e la necessità che l'attuazione degli interventi, sia in termini di localizzazione puntuale delle opere, sia di realizzazione ed esecuzione delle stesse, debba vedere il pieno coinvolgimento delle realtà locali. In particolare, la localizzazione delle opere deve essere operata, di norma, nell'ambito dei piani urbanistici, previa valutazione della compatibilità ambientale e territoriale delle stesse e la realizzazione degli interventi statali deve vedere lo sviluppo di accordi che consentano specifiche forme di coordinamento e collaborazione tra Stato, Regione ed Enti locali direttamente interessati.

-La terza questione riguarda il rapporto tra amministrazioni che esercitano le funzioni di governo del territorio e soggetti privati e più in generale l'efficacia degli atti di pianificazione.

Il governo del territorio è una "funzione pubblica", partecipata e aperta alla negoziazione nell’attuazione, ma le scelte della programmazione sono e devono restare pubbliche: non è condivisibile una versione unicamente ispirata al principio della sussidiarietà orizzontale, secondo cui "i privati si fanno carico delle esigenze pubbliche di sviluppo del territorio". Nel testo unificato le indicazioni normative vanno nella direzione di dare priorità alla tutela delle posizioni giuridiche dei privati.

Così, all'art. 4, comma 3 si prevede che le funzioni pubbliche di regolazione del territorio debbano esercitarsi "prioritariamente mediante l'adozione di atti negoziali in luogo di atti autoritativi"; cioè di atti contrattuali o comunque di atti che vedano cittadini e autorità pubblica forniti dei medesimi poteri e facoltà.

Riteniamo occorra ribadire la natura pubblica della funzione di governo del territorio. Essa deve essere contraddistinta dal fatto di perseguire interessi generali e di esplicarsi in atti generali di pianificazione, aventi contenuto conformativo della proprietà.

Solo un sistema solidamente fondato su queste premesse può prevedere un significativo sviluppo di un rapporto tra l'amministrazione ed il privato, sia in termini di partecipazione al momento di definizione dei contenuti delle scelte urbanistiche di dettaglio, che di coinvolgimento diretto nella attuazione delle previsioni. Gli accordi con i privati devono essere promossi e sviluppati nell'ambito di una griglia di obiettivi e di finalità generali, già definiti in modo stabile dalla pianificazione strategica e strutturale.

Questa condizione fornisce gli elementi di riferimento che consentono di instaurare sia una negoziazione con i privati direttamente interessati, sia una procedura ad evidenza pubblica tra gli operatori economici che intendono concorrere alla attuazione di talune previsioni di piano; ma soprattutto fa sì che possano emergere con trasparenza le motivazioni di interesse pubblico che sono alla base della stipula dell'accordo.

Così come va garantita la par condicio e trasparenza negoziale, evitando il riprodursi di antistorici intrecci tra "politica e affari": ciò vale soprattutto per le tecniche di "affidamento" dei piani-progetto.

Una legge statale che stabilisca i principi fondamentali in materia di governo del territorio, deve essere l'occasione per fornire un chiarimento definitivo in merito all'annosa questione circa la natura non espropriativa dei vincoli generali di inedificabilità e dei limiti e condizioni all'uso e alle trasformazioni del suolo, previsti dai piani.

Il testo unificato continua a mantenere ampi margini di incertezza sul punto, all'art. 6, comma 3, si continua a prevedere che dette "previsioni di inedificabilità", così come i vincoli di destinazione pubblica delle aree, decadono se non attuate entro cinque anni, salvo che non si tratti di vincoli (e destinazioni) che il piano deve recepire. La disposizione appare pertanto ancora ispirata al ritorno della passata concezione dello jus aedificandi come contenuto intrinseco della proprietà immobiliare, comprimibile solo per un tempo limitato e previo indennizzo.

Questa previsione del resto contrasta con la nuova disposizione dell'art. 5, comma 5, della proposta di testo unificato nel quale si afferma che la pianificazione "regolamentare" (nuova denominazione che sostituisce quella, di uso più comune, di pianificazione "operativa") disciplina il regime dei suoli ai sensi dell'art. 42 della Cost., ha cioè natura conformativa della proprietà.

La questione da affrontare con forza è quella della natura ed efficacia dei piani strategici e strutturali: se gli stessi devono operare, come si legge contraddittoriamente nel medesimo testo "nel rispetto dei caratteri storici, culturali e sociali" e "in conformità agli atti di pianificazione sovraordinata" (art. 5, comma 3) e devono "ricomprendere e coordinare, con opportuni adeguamenti ogni disposizione di settore concernente il territorio" (art. 5, comma 4), non si comprendono allora le ragioni della affermazione della natura non conformativa del piano strutturale, per le parti in cui lo stesso operi l'integrazione e la messa a sistema delle politiche settoriali di tutela, coordinando con esse gli obiettivi di sviluppo e qualificazione del territorio.

Occorre introdurre il principio secondo cui il superamento del ricorso ai vincoli espropriativi deve avvenire, nell'ambito delle previsioni di piano, non già attraverso l'utilizzo generalizzato di strumenti di negoziazione, bensì prevedendo, un più ampio ricorso ai meccanismi perequativi. Essi infatti, non solo consentono l'equa ripartizione tra tutti i privati interessati, sia degli oneri che dei benefici derivanti dalle trasformazioni insediative, ma consentono anche di assicurare il reperimento delle aree e delle quote edificatorie necessarie per attivare gli interventi pubblici previsti dal piano, siano essi opere pubbliche in senso stretto, ovvero interventi di edilizia pubblica, convenzionata o a prezzi calmierati.

Occorre inoltre accogliere la richiesta delle Regioni di introdurre nel testo unificato i meccanismi di perequazione territoriale, di compensazione e riequilibrio a favore delle comunità locali gravate dai significativi impatti negativi sull'ambiente, derivanti da infrastrutture e opere di rilievo sovracomunale, ovvero misure dirette ad assicurare il riequilibrio economico e sociale per gli ambiti territoriali non beneficiati, per effetto delle scelte di pianificazione di area vasta, da opportunità di sviluppo ovvero gravate da significativi vincoli di tutela.

Così come va assunto dalle Regioni la richiesta di prevedere nel testo unificato la strumentazione essenziale all'esercizio delle funzioni di governo del territorio. In estrema sintesi esse attengono:

Sull’abusivismo resta fermo il contrasto dei condoni come "principio fondamentale", e la necessità di una riflessione sulle differenti ipotesi di regolamentazione per individuare soluzioni il più possibile condivise.

In primo luogo, attraverso l’esplicita attribuzione di una competenza legislativa regionale, nel campo della vigilanza e controllo sino alla definizione delle sanzioni amministrative, di natura reale e ripristinatoria,conseguenti alla violazione di disposizioni di legge.

In secondo luogo, attraverso il mantenimento in capo allo Stato, delle diverse forme di sanzioni penali e civili in ragione dell'asserita esigenza di unitarietà del sistema sanzionatorio degli illeciti.

Come pure è possibile l’istituzione di "agenzie", con una loro autonomia , per il controllo e per gli interventi diretti sulla demolizione, oltre alla previsione di una maggioranza qualificata in Parlamento per l’adozione di provvedimenti di sanatoria.

 

 

10 / febbraio 04