DIRITTI URBANI E GOVERNO DEL TERRITORIO
POLITICA E URBANISTICA A CONFRONTO
Villa Valmarana – Noventa Padovana – 6 febbraio 2004
DIRITTO ALLA CITTA’
Centro e periferia, accesso ai servizi e alla casa, disuguaglianza e socialità
Luisa Garassino
Premessa
A partire dalla ricostruzione dell’ultimo dopoguerra fino ad oggi la periferia è stata oggetto di differenti definizioni, schematicamente proposte nel seguente elenco:
Prevalgono nella descrizione gli aspetti negativi, ma si sottovalutano alcuni aspetti positivi, che, senza eludere i problemi reali esistenti, possono costituire una base su cui far leva per un’azione efficace di riqualificazione: la ricchezza di stratificazioni sociali, la presenza e la giustapposizione di logiche insediative diverse, la popolazione in rapido e continuo mutamento, ma alla ricerca di una sua identità.
I tentativi di riqualificazione delle periferie
I processi di riqualificazione del tessuto periferico sono stati oggetto di politiche diversificate a seconda delle spinte economiche e sociali predominanti e degli orientamenti prevalenti nella disciplina urbanistica, con tentativi generalmente settoriali e molto spesso inefficaci.
Non bastano certo interventi di carattere fisico e funzionale, meno che mai concentrati, per fare di una periferia una città.
Si assiste pertanto ad una serie di interventi che, oltre alla corretta politica del rafforzamento o della realizzazione di attrezzature e servizi, cercano di omologare il tessuto periferico a quello della città storica, con operazioni di "imbellettamento" effettuato con elementi di arredo urbano. E ancora con l’inserimento di funzioni "di pregio", operazione dettata più spesso dall’esigenza di decentrare attività che congestionano il centro cittadino e servono all’intero territorio, piuttosto che da necessità e richieste di carattere locale.
Un’occasione di sperimentare la riqualificazione per parti, spesso attraverso il riuso di aree dismesse o rese libere, è stata data con i finanziamenti statali relativi ai Programmi Complessi.
Su questo terreno si scontrano interessi che fanno riferimento a scale differenti e operano agenti di trasformazione con obiettivi in contrasto fra loro.
Da una parte, a scala cittadina e metropolitana, si impone la logica aziendale con l’obiettivo della valorizzazione degli investimenti (grandi concentrazioni terziarie, grande distribuzione, infrastrutture, ecc.), dall’altra, a scala locale, prevalgono le ragioni dell’abitare (le identità locali, la qualità dei servizi e dell’ambiente).
Obiettivi per una riqualificazione efficace
Pur consapevoli che i problemi del degrado sociale non sono risolvibili solo con interventi di corretta disciplina urbanistica possiamo porci degli obiettivi in grado di dare un contributo al miglioramento delle condizioni dell’abitare.
Tali obiettivi sono schematizzati nei seguenti punti:
Mezzi per raggiungere gli obiettivi
I processi di pianificazione e le condizioni per il governo del territorio oggi sono profondamente mutati.
Con la crisi del modello "autorizzativo" del PRG le amministrazioni comunali sono chiamate non più solo al controllo e rispetto delle norme di piano, ma ad assumere un ruolo sempre più propositivo e promotore nei confronti degli interventi, degli operatori e delle risorse da utilizzare.
La privatizzazione dei servizi e l’alienazione del patrimonio pubblico hanno indebolito il potere economico e gestionale degli enti locali, situazione aggravata dai limiti imposti alle finanze locali e dalla crisi della politica degli espropri.
In questo contesto gli interventi della città devono passare attraverso il concorso tra pubblico e privato (programmi complessi, project financing, ecc.).
Queste operazioni vanno effettuate a condizione che:
E’ importante che in questo contesto possa essere rivisto e valorizzato il ruolo dell’amministrazione comunale nella gestione urbana: sempre meno è chiamato ad attingere a poteri materiali e formali sempre di più alla sua natura rappresentativa, alla sua essenza democratica, al suo diretto rapporto con le comunità locali. La nascita dei comitati cittadini denuncia spesso la labilità di questo rapporto e l’incapacità di cogliere i bisogni reali e le mutate esigenze di una comunità in rapida e continua trasformazione, in cui l’inserimento degli immigrati rappresenta un elemento problematico, ma apportatore di nuova linfa e di nuovi valori con cui confrontarsi.
L’uso assennato delle risorse e l’affermazione di una politica di ampio respiro rispondono non solo all’impegno di soddisfare i bisogni dei cittadini (anche quelli più disagiati della periferia), di perseguire il bene comune e di favorire gli interessi della collettività, ma, vista la "transitorietà" temporale del suo mandato, anche ad una assunzione di responsabilità nei confronti della comunità futura. Il comune rappresenta infatti la continuità, gli altri interlocutori la contingenza.
L’ente locale può e deve diventare "azienda", con capacità gestionali e imprenditoriali, in grado di dotarsi dei mezzi per promuovere un processo di sollecitazione delle risorse, che servono alla riqualificazione della periferia e della città nel suo complesso.
A questo compito siamo chiamati in prima persona anche noi urbanisti, sia come consulenza esterna agli enti locali sia nelle strutture tecniche comunali, che vanno potenziate e sempre più valorizzate per meglio rispondere, con capacità di mezzi e stabilità di organizzazione, ai nuovi processi gestionali imposti per un efficace ed efficiente governo del territorio.