TAVOLA ROTONDA - AREA  DAL MOLIN    Vicenza 3 marzo 2012

 

Come passare da un luogo-non luogo ad uno spazio urbano, vissuto nella bellezza, nell’ecologia, nella democrazia

(Luisa Calimani)

 

Oggi l’area Dal Molin è un luogo-non luogo, estraneo alla città, marginale, abbandonato, un enorme spazio senza forma ne funzione.

Per viverlo non basta un progetto di fruizione, ne la negligente scorciatoia del disimpegno progettuale scambiato per romantico naturalismo.

Sventato il pericolo dell’insediamento della Protezione Civile, che si stabilirà in un luogo più adatto, si può serenamente affrontare il tema del destino dell’area Dal Molin

 

Questa è un’area che deve essere progettata, troppo importante per essere banalizzata con un semplice elenco di eventi che rischierebbe di ridurre l’uso a pochi interlocutori.

Anche gli “eventi” hanno bisogno di contenitori adeguati.

L’espressione dell’effimero è riduttiva. Può essere anche questo, ma non solo questo, perchè è limitante per tipologia dei soggetti interessati al suo uso e per tempi utilizzati.

L’architettura dello spazio aperto, rappresenta in questo caso un’operazione di riciclaggio urbanistico, di riuso di un luogo. Anche un Protocollo d’Intesa può essere revocato o modificato, per questo il progetto che si realizzerà deve avere una forza espressiva, visibile e condivisa, fatta di segni, di forme che l’acqua e la natura disegneranno per offrire il luogo simbolo, rappresentazione universale del grande valore della Pace

 

E’ necessario aprire l’area alla città, subito, ma questo non basta. E’ un’azione utile per farla conoscere ai cittadini che in gran parte la ignorano. o non ne percepiscono l’importanza.. Ma la disponibilità dell’area è reale è completa? La sua apertura è compatibile oggi con il Protocollo d’Intesa  che rimanda ad un atto formale successivo? Quale autonomia viene lasciata al Comune nella definizione di questo spazio? E’una concessione che mette il Comune sotto tutela e sotto controllo dei veri proprietari, i militari?

L’Amministrazione di più non poteva fare e questo atto firmato è comunque un grande e non scontato successo .

 

Con l’avanzare della bella stagione, (Accordo permettendo) l’Amministrazione potrebbe favorirne l’accesso anche con mezzi pubblici che inizino la buona pratica di offrire questo servizio alla gente, senza obbligarla all’uso dell’automobile. Anche le biciclette messe a disposizione dall’AC sono una  pratica dal valore ecologico e didattico, ma non dimentichiamo che non è accessibile a tutti.

 

Spesso i progetti “minimalisti” sono accolti da un certo consenso, sia dai progettisti  perchè richiedono un minor sforzo tecnico-creativo, sia dagli amministratori perché pensano di spendere meno.

Ma allora va posta preliminarmente una domanda.

Perché la gente dovrebbe frequentare questo spazio? E prima ancora : vogliamo davvero che lo frequenti?

 Non sono domande retoriche perché invertono le parti di chi osserva. Non più solo dalla parte degli amministratori e progettisti, ma da quella dei cittadini utenti. Ecco il fine, lo scopo del percorso partecipativo. Scoprire il punto di vista della gente, le sue aspettative, i suoi bisogni i suoi desideri.

 

Ma questo avviene con un aiuto aperto a tutti, dato in particolare da quei gruppi organizzati, movimenti, sindacati, associazioni, che sono in grado di fornire un apporto costruttivo. Ma soprattutto con l’impegno dell’Amministrazione che deve essere un punto di riferimento e il centro di coordinamento del processo partecipativo, mettendo a disposizione lo spazio fisico e il personale necessario.

 

Questo contributo ha inteso darlo anche l’Università di Camerino con i suoi studenti,laureandi e docenti

Questo è il senso del ripercorrere la vicenda delle proposte contenute nei progetti e nelle tesi di Laurea. Gli studenti si sono sobbarcati di una fatica aggiuntiva(rispetto alla scelta di un’area vicino a casa)  nella speranza che ciò potesse servire a chi stava conducendo una lotta così aspra, da loro condivisa. Il loro impegno è stato disciplinare e politico. “Gli studenti hanno cercato di interpretare il valore del luogo, le esigenze della città, le straordinarie risorse del Bacchiglione e di tutto il sistema idrografico. Hanno colto la separatezza dell’area quasi intatta, non contaminata, preziosa, inserita fra un centro storico di immenso pregio  mirabilmente segnato dal Palladio e l’area vasta metropolizzata, ad insediamento diffuso, con fabbriche e case, strade sempre insufficienti, trasporti pubblici carenti. Una sfida che, dopo attenta analisi,  poneva la domanda alla quale ogni progetto urbanistico deve rispondere. Che fare? Quali funzioni attribuire ad un’area di 63 ettari posta fra centro storico, risorgive, colli Berici, insediamento diffuso nella pianura? Come recuperare i valori e gli straordinari elementi di pregio restituendo alla città un pezzo di città alla quale non è mai appartenuto?

 L’area Dal Molin può rimanere separata come un corpo estraneo o essere collegata alla città consolidata e al territorio circostante. Gli studenti hanno scelto questa seconda ipotesi attribuendo all’area forme e funzioni rigeneratrici del tessuto urbano, sociale, ambientale, che dessero un valore aggiunto alla città di Vicenza e all’area vasta di cui fa parte, che va ben oltre i suoi confini amministrativi.

Un’analisi attenta del territorio, sotto il profilo storico, culturale, ambientale, infrastrutturale, insediativo, ha portato a delle proposte progettuali diverse, che corrispondevano alle diverse letture dell’area e del suo ambito metropolitano. In sintesi, questo il loro contenuto

-         Parco dei Laghi: vede l’acqua come risorsa , filo conduttore di tutto il progetto alla quale viene affidato il ruolo di struttura portante del progetto con una forte valenza estetica. Nella restante area aperta sono previsti orti biologici e spazi verdi. Gli edifici esistenti, riutilizzati come Museo del Parco. Il Bacchiglione unisce l’area Dal Molin alla città, dotandosi di piste ciclabili e percorsi pedonali arginali.

-         Il Parco Zen ha una visione ludico naturalistica affidata allo spazio pubblico aperto e una previsione di Polo Universitario ospitato nelle parti costruite.

-         Le Bolle blu. Questo è il progetto che dà l’immagine più suggestiva dell’area, che carica di un alto valore simbolico. Tre semisfere  trasparenti, galleggianti sulla superficie  dell’acqua del lago (possibile bacino di laminazione) su cui si riflettono con straordinario effetto scenografico notturno.

-         Queste cupole, collegate fra loro da passerelle sull’acqua, sarebbero i  contenitori di funzioni di eccellenza, diversificate: parco scientifico e tecnologico, centro culturale ( teatro), centro sportivo ricreativo ( centro giovani, piscine). Il progetto prevede e richiede il rafforzamento della viabilità.  Si pone anche come progetto pilota di fonti rinnovabili alternative

-         Il Polo della Ragione ha un interessante approccio metodologico  che mette in relazione fra loro obbiettivi posti e interventi proposti. Si pone il problema dell’uso della pista di atterraggio degli aerei. Per l’area propone un polo culturale, mostre per l’artigianato, ristorazione ecc.

-         Un’area per tutti centro polifunzionale si concentra sul recupero degli edifici esistenti, collegati fra loro da pensiline destinati ad alloggi temporanei, a manifestazioni, funzioni culturali e sportive con il recupero dei campi sportivi  esistenti 

-         Mantiene la funzione aeroportuale.

-         Uno sguardo al futuro  .ha il coraggio e la speranza dell’avvenire, quando la Base Militare sarà dismessa e le sue imponenti strutture richiederanno una trasformazione funzionale

-         La proposta è di un polo di eccellenza rappresentato dal Politecnico veneto

 

Con questi e altri progetti che il professor Bellagamba illustrerà è stato compiuto un grande lavoro che mettiamo a disposizione dei cittadini e dell’Amministrazione, ricco di stimoli e suggerimenti, formali e funzionali

 

A questo punto è necessario sgomberare il campo da eventuali sospetti. Non perseguo l’obiettivo di un incarico professionale come dissi al Sindaco al primo nostro incontro e qui pubblicamente ribadisco, ma solo l’intento volto in questi anni, a dare un contributo gratuito alla valorizzazione dell’area e attraverso questa all’intera città del Palladio. Questa ha diritto, per la sua tradizione di bellezza irradiata nel mondo, ad avere uno spazio di alta qualità urbana, dove la natura è assecondata e guidata dalla mano dell’uomo per realizzare un “oggetto” all’altezza della sua mirabile tradizione e del “luogo simbolo” che rappresenta.

Per questo progetto, andrebbe fatto un concorso internazionale di idee, con chiare linee guida che derivino dal questionario, dalle richieste della gente, dalle aspettative dell’Amministrazione

 

Cosa vuole fare il sindaco?. In prossimità delle elezioni alcuni primi cittadini cadono nella tentazione di tirare fuori dal cappello i progetti dicendo che non c’è più tempo per la discussione. Quindi prendere o lasciare. Ho troppa stima per il Sindaco Variati e per questa amministrazione per pensare che la città si troverà di fronte a questa pratica. Oggi il tempo ancora c’è. E’ poco. Per questo bisogna agire in fretta con idee chiare, espresse, confrontate, per perseguire un obiettivo condiviso seguendo un processo partecipativo che l’Amministrazione Comunale sarà capace di guidare e coordinare.

 

L’esposizione di idee anche espresse in forma grafica aiuta a riflettere sulle possibili  funzioni e sulla forma e offre ai cittadini stimoli e suggerimenti. Il progetto non è una variabile indipendente, ne un’opera letteraria. Senza un contenitore ben progettato anche le attività ludiche e contemplative saranno limitate nel loro svolgimento. Progettare gli spazi aperti è un impegno, non è solo il costruito che ha bisogno del pensiero sapiente del progettista.

 Lasciare così quest’area con un po’ di maquillage è una sciatteria intellettuale culturale una mancanza di rispetto verso i cittadini

 

Non c’è ancora nella città la consapevolezza diffusa del patrimonio ecologico, paesaggistico, ambientale, rappresentato da quest’area se sapientemente progettata.

Certo ci sono molte altre aree, c’è tutta la città. Ad ognuna va prestata la dovuta attenzione, penso alla ex centrale del latte, e ad altre citate nel documento del Sindaco propedeutico al piano degli Interventi.. Vanno viste nel loro insieme per dare un senso ad ognuna di esse. Ma questo è il compito del Piano Strutturale approvato. Non permettiamo che l’alibi di tante altre cose da fare non ci impegni in nessuna. Questo è il momento Dal Molin, tanto atteso e ora praticabile. Ora siamo qui a discutere di quest’area, dei suoi rapporti con la città, delle relazioni fisiche e funzionali che la legano al centro, alla periferia, alle altre aree verdi, al territorio metropolitano attraverso i corsi d’acqua che la lambiscono, gli argini che devono diventare corridoi vissuti, i percorsi pedonali a questi legati,  quelli ciclabili indispensabili per rendere i collegamenti coerenti con un modo diverso di vivere la città.

 

La Tavola Rotonda di oggi con la partecipazione della società civile, comitati, associazioni è importante perché questa è un’area importante, per il suo elevato valore simbolico e poi perché a differenza di altre è una CONQUISTA maturata in anni di lotte.

Proprio perché non è ancora diffusa in tutta la popolazione la consapevolezza delle potenzialità di questo spazio, è necessario un percorso partecipativo e il QUESTIONARIO che oggi presentiamo è il primo importante passo verso un esito concreto di definizione del luogo.

Poiché la partecipazione implica innanzi tutto conoscenza, proponiamo che l’AC individui un luogo fisico nel quale ogni cittadino possa trovare documenti ufficiali, relazioni, proposte anche grafiche comprese quelle degli studenti ma non solo e l’istituzione di un TAVOLO di LAVORO coordinato dall’Amministrazione, aperto ai rappresentanti di Comitati, Associazioni, Sindacati. In questa sede dovrebbe essere previsti incontri e tappe del percorso secondo un’agenda che ne fissi i tempi, che diano, prima della fine mandato amministrativo, certezze sulla irreversibilità del processo. Se ad esempio non vogliamo che l’acqua sia relegata ad un rettangolino posto a confine con la base, ma il fulcro di un progetto di difesa idraulica e di alta espressione figurativa, dovrebbe essere programmato un incontro con il Magistrato alle Acque. Questo lavoro dovrebbe concludersi con un documento di base che sia la traccia per la stesura del progetto, inquadrato nel contesto urbano e metropolitano con precise indicazioni funzionali e formali. La promozione della Pace sarà il fulcro concettuale  attorno al quale far ruotare il progetto.

 Deve essere contemplato contestualmente al progetto il problema gestionale, che è parte integrante del progetto. Un’area di 63 ettari non può essere lasciata alla spontaneità dell’impegno pur encomiabile ma non programmato. Il rischio è quello già sperimentato in altri parchi (lo so avendo fatto l’assessore al verde a Padova) dell’incuria che genera un rigetto da parte dei cittadini che non trovano più quello spazio pubblico affidabile e sicuro. Allora la tentazione di attività improprie che si offrono generosamente di provvedere alla manutenzione dell’area è difficilmente contrastabile.

 

L’area potrà contenere diverse funzioni ecologiche. L’integrazione degli spazi agricoli con gli habitat naturalistici, con i bacini idrografici, con aree boscate e prative, con spazi attrezzati, potrà consentire la formazione di un sistema unitario aperto che favorisca lo sviluppo di flora e fauna, attenui gli effetti dei cambiamenti climatici e incentivi il risparmio energetico e l’uso di energie alternative.

 

È  necessario censire gli edifici esistenti, il loro stato di conservazione, la loro dimensione e grado di adattabilità a possibili usi.

Il progetto del Parco deve indicare le funzioni da attribuire agli ambienti coperti già costruiti.

Questi sono parte integrante del Parco, un sostegno funzionale agli spazi aperti e alle attività  che in essi si svolgeranno. Il progetto quindi dev’essere unico, unitario e comprendere:

-         la definizione funzionale e formale degli spazi aperti nella loro complessa articolazione (naturalistici, agricoli, attrezzati per lo sport, lo svago, gli eventi, il gioco dei bimbi..)

-         l’acqua, punto di forza del Parco, nella sua duplice funzione di prevenzione dai rischi idrogeologici e di qualificazione estetica dell’area.

-          l’individuazione dei manufatti esistenti con relative previsioni d’uso, stato di consistenza,  interventi edilizi necessari alla loro rifunzionalizzazione

-         I collegamenti dell’area con il centro urbano e il territorio esterno, i percorsi pedonali e ciclabili, il rafforzamento delle linee di trasporto pubblico locale e intercomunale, la viabilità, l’uso degli argini e la loro manutenzione

-         Un progetto complessivo di gestione e relativi costi

-         Il costo dell’opera.

 Il progetto redatto per stralci funzionali, permetterà di avere un quadro d’insieme certo, nel quale collocare le risorse in tempi compatibili con le disponibilità economiche, secondo una precisa indicazione delle priorità.

 

In Italia, ma soprattutto nel Veneto, sopraffatto da un invasione di cemento che vede sottratti all’agricoltura, e alla funzione ecologica che svolgono i terreni non cementificati, 200.000 ha in trent’anni (1970-2000) e altrettanti 200.000 ha concentrati nell’ultimo decennio (2000-2010)  la costruzione di un parco di 63 ha è uno straordinario, significativo atto in controtendenza, che merita d’essere portato ad esempio in un momento tanto oscuro della cultura urbana, della politica del territorio, della controriforma urbanistica. L’amministrazione di questa città e la società civile presente oggi in questo incontro ne sono convinte: è necessario opporsi a questo modello di sviluppo , investire negli spazi aperti, e rifiutare il termine “qualificazione” quando è sinonimo di cementificazione.

Quest’area e la funzione che si intende attribuirle è in controtendenza, direi in pieno contrasto con lo sviluppo di un territorio incapace di rispettare le sue risorse, in particolare la risorsa suolo considerata illimitata, preda di interessi particolari e speculativi che hanno generato quel deprecabile, insalubre modello di insediamento diffuso.

Seneca scrisse "La terra è un solo Paese, siamo onde dello stesso mare, foglie dello stesso albero, fiori dello stesso giardino". Più recentemente nel 1948 con l’art. 9, la Costituzione, la più avanzata del Mondo, sottoscrive l’impegno per ” tutelare il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione” A noi resta solo il dovere di applicarla, anche in questo luogo