Diritto alla legalità urbana (ovvero legalità urbana, diritti urbani e giustizia redistributiva)
abusivisno, speculazione edilizia, emarginazione, privatizzazione della città
Dopo che le lotte politiche e sindacali degli anni Settanta avevano messo in luce la stretta relazione tra le rivendicazioni salariali e la richiesta di nuovi e più evoluti consumi collettivi, e dopo che l’affermazione del welfare aveva riportato all’interno delle istituzioni la ricerca di una migliore qualità della vita, oggi l’attacco alle strutture socio-assistenziali condotto dalle politiche moderate e liberiste ha riportato al centro del dibattito il tema della giustizia redistributiva, che si salda alla formulazione di nuovi diritti urbani e alla proposizione di nuove forme di socialità.
Per effetto di dinamiche socioeconomiche ed insediative di notevole complessità - l’origine delle quali è sovente associata allo sviluppo di rilevanti processi di globalizzazione - l’offerta di servizi e di qualità urbana che le città sono oggi in grado di garantire sembra avviata ad un preoccupante declino. Soprattutto nell’ultimo biennio le leggi finanziarie varate dal governo Berlusconi hanno infatti "scaricato" sugli enti locali una pressione fiscale che, per motivi di opportunità politica, non poteva essere esercitata a livello centrale e tradursi nell’imposizione di nuovi tributi. Ne consegue pertanto che la riduzione delle risorse erogate a Regioni, Province e Comuni si riflette alternativamente in un aumento delle imposte locali o in una marcata riduzione delle prestazioni offerte dai servizi sociali. In entrambi i casi le dinamiche urbane costituiscono evidentemente lo sfondo su cui si realizza una significativa redistribuzione del reddito, che penalizzano le fasce più deboli della popolazione, e a cui le politiche urbane possono e debbono opporsi in qualche misura.
Sembra dunque di poter affermare che la tutela dei diritti urbani si affida oggi in primo luogo alla creazione di consistenti quote di capitale sociale, e quindi al modo in cui viene distribuita la ricchezza prodotta dai sistemi di sviluppo locale. Da questo assunto di carattere più generale conseguono inoltre almeno due interrogativi di un certo interesse:
2. Oltre a caratterizzarsi per un marcato deterioramento delle qualità della vita nelle nostre città, il biennio che ci siamo lasciati alle spalle ha visto un ulteriore ed esplicito attacco alla legalità urbana, e ha comportato al tempo stesso il varo di un nuovo condono edilizio e l’erosione del sistema di garanzie predisposto nel corso degli anni a favore dei parchi e delle aree protette. Anche a prescindere dalla incongruenza di questi provvedimenti, la cui efficacia è discutibile anche sotto il profilo finanziario ed economico, l’iniziativa del governo promossa in questo campo contrasta con il sentire comune e con le convinzioni di una società che esprime una domanda crescente di qualità, che tende a sua volta a saldarsi alla domanda di equità di cui si è detto in precedenza.
In questa prospettiva il sistema di regole messo a punto dalle istituzioni cui compete il governo del territorio non solo deve proporsi di contrastare l’impulso alla deregulation che costituisce il frutto più avvelenato dell’ondata neoliberista, ma dovrebbe proporsi altresì di innescare sulla qualità insediativa e sui valori paesaggistici di ogni comunità la costruzione di beni pubblici e di quote aggiuntive di capitale sociale
Anche in questo caso non si può fare a meno di proporre alcuni quesiti di fondo:
3. In definitiva l’aspirazione ad una nuova cultura delle regole che consenta di restaurare il principio di legalità urbana che in questi anni è stato ripetutamente messo a repentaglio passa attraverso un profondo ripensamento del concetto stesso di interesse pubblico, oggi sempre più segmentato in molteplici interessi eterogenei, ma di rilevanza pubblica, e la cui tutela è affidata inevitabilmente a soggetti diversi. La disciplina urbanistica, non diversamente dal funzionamento della pubblica amministrazione, si trova dunque nella necessità di ponderare interessi pubblici concorrenti, con la conseguenza di attenuare l’interpretazione più rigida del principio di legalità, e di affidare al piano il compito estremamente impegnativo di selezionare gli interessi che di volta in volta dovranno essere privilegiati.
Anche in questo caso funzione pubblica e governo del territorio si trovano di fronte ad una sfida convergente, relativa alla restaurazione di processi di legittimazione e di inclusione della comunità urbana in grado di contrastare i rischi connessi ad un ricorso troppo frequente alla cosiddetta dittatura della maggioranza. Nel confrontare i percorsi seguiti rispettivamente da politica e urbanistica è possibile evidenziare come quest’ultima si trovi forse un po’ più avanti nella ricerca di nuove soluzioni, se non altro perché gli effetti prodotti dalla multiculturalità e dallo "sradicamento urbano" l’hanno probabilmente costretta a ridefinire di volta in volta la nozione e i confini dell’interesse pubblico.
Procedendo in simbiosi alla elaborazione di un disegno sinceramente riformatore, tale da incidere al tempo stesso sulla equità e sulla efficacia delle istituzioni e delle proposte che sostanziano le nuove proposte per il governo del territorio e del Paese, può essere opportuno arrischiare alcune risposte esplorative a due quesiti di notevole importanza:
Michele Talia, 1 febbraio 2004