Città amica – Convegno di Noventa Padovana – 6 febbraio 2004

 

DIRITTO ALLA PARTECIPAZIONE

Democrazia urbana e sistema delle decisioni nel governo del territorio

Giulio Tamburini

 

Nel momento in cui le scelte localizzative sono condizionate o determinate dagli interessi fondiari e dalle spinte e pressioni di carattere tendenziale, l’autonomia di decisione dell’ente locale riguardo gli assetti urbanistici è fortemente limitata. Se poi si considera che la pianificazione si trova ad affrontare una stagione di radicali cambiamenti, di esito generalmente incerto, che comportano un indebolimento delle capacità propositive e di controllo, si può ragionevolmente concludere che un dibattito sulla partecipazione risulta fuori tempo, almeno se si intende collocare il momento partecipativo in posizione centrale nel sistema delle decisioni pubbliche. Le pratiche del decentramento hanno messo in luce che il rapporto tra le sedi decisionali centrali e le sedi di consultazione e partecipazione è fortemente sbilanciato verso la condivisione delle scelte già assunte piuttosto che verso la formazione delle stesse. Risulta nei fatti un sistema di decisone verticistico, anche perché le assemblee rappresentative come ad esempio il consiglio comunale non sono organi di elaborazione e di definizione delle politiche o lo sono nei limiti che sindaco e giunta stabiliscono.

Nel campo urbanistico, come in innumerevoli altri, esistono due tipi di decisione, quello palese-formale e quello occulto-sostanziale che procedono molto spesso uno indipendentemente dall’altro; risulta centrale, al proposito, il problema dell’informazione, che non significa comunicazione delle decisioni o chiarezza delle stesse, ma anche piena e diffusa comprensione degli effetti diretti ed indiretti che possono prodursi nella città. Il problema è non facile, date la forte aleatorietà e la continua mutevolezza delle condizioni di vita urbana, tuttavia non risulta che sia mai stato affrontato, né in sede politica, né in sede tecnica; egualmente fuori controllo è, sotto tale profilo, il rapporto con l’impiego delle risorse finanziarie pubbliche e private, oltre tutto perché oggi è fortemente limitata la possibilità di avviare una politica di investimenti autonoma dell’ente locale, dal momento che le risorse provengono o sono condizionate per la massima parte dall’esterno.

L’azione politica ha avuto bisogno fino ad ora di grandi messaggi, per poter procedere: casa, scuola, ambiente e salute, trasporti; si impantana se i segnali che provengono dalla società sono particolari, complessi, ( come per le.aree metropolitane) contradditori (concorrenzialità tra enti locali, ad esempio). La preoccupazione è che con la nuova pianificazione a due momenti, si crei un ulteriore impedimento per la linearità e la comprensione allargata del processo decisionale. Linearità non significa che non si possa cambiare parere, ma che sia chiaro e conseguente il percorso che si segue. Se ci riferiamo al piano struttura quinquennale, ai tempi di approvazione di un piano – due o tre anni – alla possibilità che dopo cinque anni di mandato, la nuova amministrazione ( di colore eguale o diverso rispetto a quella precedente ) lo cambi, dobbiamo convenire che o il progetto di piano scopre l’acqua calda o la città viene sottoposta a serie schizofreniche di decisioni, che in definitiva finiscono con il rendere inessenziale la pianificazione stessa, riportandoci alla situazione attuale di parziale inutilità del piano, nel momento che le decisioni stesse sono legate agli interessi fondiari, immobiliari, di uso privatistico della città.

 

Le iniziative, anche quelle più fortunate, condotte per l’allargamento della base delle decisioni possono condurre d’altra parte a forme di localismo e corporativismo più vicine a visioni particolaristiche, in fondo egoistiche, della città, che ad una responsabilità collettiva di conduzione complessiva della cosa comune. In altri termini, per sfuggire alla retorica della partecipazione, vanno ripensate la natura e la collocazione della componente partecipativa nelle azioni del governo urbano Si possono tracciare tre prospettive di lavoro, con traguardi anche lontani che sono tutti pensati nella convinzione, mai smentita, che la città è l’esito dello scontro tra politica della conservazione e politica del cambiamento e che quest’ultima non può essere perseguita in termini puramente difensivi, come peraltro sta ora accadendo. In sintesi e per avviare il confronto:

I temi che si propongono coinvolgono anche riflessioni sul rapporto tra decisioni politiche e decisioni tecniche o, più semplicemente, tra i due domini. L’occupazione di responsabilità di gestione amministrativa da parte degli urbanisti ha spesso creato ambiguità e di fatto attenuato la sensibilità politica nelle pratiche urbanistiche; inoltre, la conclamata necessità che l’apporto tecnico provenga da strutture pubbliche non ha trovato soluzioni sufficienti e soddisfacenti anzi sono aumentate l’ambiguità e la confusione dei ruoli. Forse tardano a verificarsi gli effetti positivi della riforma Bassanini, ma è anche probabile che l’autonomia della dirigenza e dell’amministrazione sia spesa più per creare nuove sedi incongrue di potere, che sedi di supporto per le decisioni. Si sono così prodotte forme di controllo e verifica esterne all’apparato burocratico, che limitando l’apertura dei problemi a singoli aspetti settoriali, ancora una volta fanno trascurare la visione complessiva dei problemi, indispensabile per la garanzia dei diritti e delle volontà pubbliche.

Dobbiamo essere consapevoli che stiamo percorrendo uno stretto crinale che si è creato tra la certezza della natura della città come espressione della collettività e la strabordante suggestione della validità assoluta delle logiche privatistiche. Gli equilibri sono difficili, non impossibili se manteniamo chiarezza e coerenza dell’itinerario.

 

 

 

 

 

 

 

 

Invio gli e-mail di tutti i relatori esterni alla "Rete" in modo da poter inviare direttamente a quelli afferenti al tema le 2 cartelle con indicati titolo e sottotitolo eguali all’invito. Non inserirei le domande che però vanno preparate. La cartina allegata indica gli alberghi più vicini che hanno i seguenti prezzi: Hotel Brenta 73 euro, Le Padovanelle 116 euro, Sheraton 165 euro. Ho ricevuto e ringrazio le note di Toraldo di Francia e Marchetta. Arrivederci. Luisa.

 

Antonello Cabras: A.cabras@democraticidisinistra.it

Paola Agnello Modica: segreteria.agnello@mail.cgil.it

Paolo Corsini: sindaco@comune.brescia.it

Perluigi Mantini: Mantini_p@camera.it

Salvatore Bonadonna:

Diego Gallo: segreteria.generale@veneto.cgil.it

Vincenzo Vita: v.vita@democraticidisinistra.it

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Nerio Nesi: : nesi_n@camera.it

Paolo Avarello: inusegreteria@tin.it

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