Alla II Commissione Regionale


CONTRIBUTO alla proposta di LEGGE

DISPOSIZIONI PER IL CONTENIMENTO DEL CONSUMO DI SUOLO, LA RIGENERAZIONE URBANA E IL MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ INSEDIATIVA

La proposta di Legge determinerà, quando sarà approvata dal Consiglio Regionale, il futuro del territorio Veneto per il prossimo decennio e oltre.

Le questioni trattate sono fondamentali per la vivibilità nelle città e nelle aree urbanizzate degli oltre 500 Comuni veneti, per la salvaguardia delle aree naturali e agricole e per l'ambiente nei suoi aspetti più generali.

Può diventare un grande regalo alla speculazione edilizia e un grande affare immobiliare, oppure costituire l'opportunità di una svolta radicale in un territorio fra i più martoriati d'Italia e d'Europa per il suolo consumato negli ultimi decenni.

Vengono consumati ogni giorno 70 ettari di territorio inedificato, pari a 8 metri quadrati al secondo. La superficie impermeabilizzata, ha subito in Italia un aumento esponenziale non giustificato dall'incremento demografico: dal 2.8% di suolo edificato fino al 1956 siamo passati al 6.9% nel 2010 e non solo per colpa dell’edilizia. In Italia si consuma suolo anche per costruire infrastrutture, che insieme agli edifici ricoprono quasi l’80% del territorio artificiale (strade asfaltate e ferrovie 28% - strade sterrate e infrastrutture di trasporto secondarie 19% - edifici 30%) e parcheggi, piazzali e aree di cantiere (14%). La quota di territorio con copertura artificiale in Italia è stimata pari al 7% del totale, contro il 4,3% della media dell’Unione Europea.


Dalla lettura delle proposte presentate e in particolare della PdL 14 rileviamo e sottolineiamo alcune questioni fondamentali

a) ottima e condivisibile la definizione degli obiettivi fra i quali dovrebbe essere inserita la valorizzazione degli spazi aperti ancora inedificati nei centri urbani, per preservarli, quanto possibile, da nuove edificazioni e impermeabilizzazioni che compromettono la capacità di assorbimento delle acque meteoriche. In tutti i processi di trasformazione urbanistica, la Legge dovrebbe assicurare adeguati spazi liberi che migliorano la qualità urbana sotto il profilo ambientale e sociale. Gli standard urbanistici, gli spazi pubblici e le aree libere sopratutto nelle zone ad alta densità abitativa rappresentano i veri strumenti di rigenerazione urbana.

Nelle aree urbanizzate vive in Italia oltre l'80% della popolazione.

La questione più rilevante riguarda quindi la necessità di un profondo rinnovamento della cultura urbana, che finora ha prodotto città invivibili al servizio della rendita e periferie degradate. Occorre una nuova cultura capace di raccogliere le sfide ambientali e sociali che si manifestano impetuose. Si assiste purtroppo al ristagno di vecchi modelli che vedono ancora nell'occupazione del suolo urbano e nel rafforzamento della rendita, le armi spuntate che vorrebbero riprodurre gli errori del passato, con altri nomi, ma con gli stessi scopi. Il “facilitare il pieno utilizzo delle potenzialità insediative nelle aree urbanizzate” se non accompagnato dalla consapevolezza del ruolo che hanno nel tessuto urbano le aree permeabili e boscate e le aree pubbliche, può significare il definitivo irreversibile declino delle città, attraverso la perdita dei pochi spazi liberi ancora rimasti, spazi aperti che nei centri edificati hanno una fondamentale funzione ecologica e sociale. Allagamenti conseguenti a situazioni meteoriche “normali” dimostrano che impermeabilizzare un suolo urbano non è meno devastante dell'occupazione di un suolo agricolo. La città è un organismo complesso dove agli spazi edificati deve corrispondere un'adeguata presenza di aree libere, verdi e permeabili. Ormai la speculazione edilizia non è più interessata alle aree marginali dove persistono capannoni vuoti e lottizzazioni invendute. Il problema dell'urbanizzazione delle aree agricole che ha devastato il territorio è un evento pre crisi. Allora era necessario intervenire! Ora i capitali sono interessati ad un investimento sicuro e mirato, fortemente selettivo, collocato in aree urbanizzate e centrali. Quindi, giusto non consumare altro suolo agricolo, ma la pressione speculativa generata dalla rendita urbana, ora si manifesta nei confronti delle preziose aree rimaste ancora libere nei centri abitati.

b) E' opportuno inserire un nuovo articolo sulle “definizioni”. In particolare sul consumo di suolo, che deve avere un termine di misurazione univoco in tutto il territorio nazionale. La definizione contenuta nel nuovo TESTO BASE delle commissioni riunite ambiente e agricoltura della Camera, può essere ripreso in questa proposta di Legge: «consumo di suolo»: l’incremento annuale della superficie oggetto di impermeabilizzazione del suolo, nonché di interventi di copertura artificiale, scavo o rimozione del suolo non connessi all’attività agricola. O quella definita dall'ISPRA: Il consumo di suolo deve essere inteso come un fenomeno associato alla perdita di una risorsa ambientale fondamentale, dovuta all'occupazione di superficie originariamente agricola, naturale o seminaturale. Il fenomeno si riferisce, quindi, a un incremento della copertura artificiale di terreno, legato alle dinamiche insediative. Un processo prevalentemente dovuto alla costruzione di nuovi edifici, capannoni e insediamenti, all'espansione delle città, alla densificazione o alla conversione di terreno entro un'area urbana, all'infrastrutturazione del territorio.

Considerare “consumo di suolo” solo quello agricolo, sarebbe una ipocrita mistificazione e la rappresentazione di una cultura arretrata rimasta ferma alla situazione precrisi, che non ha percepito le evoluzioni avvenute nel mercato immobiliare, nella crisi dell'edilizia e nel declino delle città. Poichè le Leggi contengono loro malgrado una funzione anche didattica e di orientamento, l'eventuale estensione del concetto di “territorio agricolo” ad aree che agricole non sono (boschi urbani, lottizzazioni non convenzionate..)è deviante e tecnicamente scorretto.

c) E' una buona, coerente prescrizione quella contenuta al 2° comma dell'articolo 2 che non consente ulteriore consumo di suolo nei nuovi piani urbanistici, anche se andrebbe estesa una moratoria per quelli in vigore. Ma se non si inserisce all'art.2 un comma che prescriva che “ le aree non ancora edificate nel tessuto urbano consolidato debbano essere riservate prioritariamente al soddisfacimento degli standard urbanistici e a polmoni verdi necessari alla rigenerazione e qualificazione dell'ambiente urbano”, i buoni propositi contenuti all'articolo 1 rimangono parole al vento, obiettivi non attuabili

Un ettaro di terreno urbano tenuto a prato con 150 alberature: assorbe quasi 30 tonnellate annue di Anidride Carbonica; produce oltre 5 tonnellate annue di Ossigeno; traspira/evapora 33 tonnellate annue di acqua; la temperatura media di una città è di 0,5-1,5 gradi superiore a quella delle campagne circostanti. D'estate l’aria soprastante un prato alberato può avere una temperatura inferiore anche di 15 gradi rispetto ad una superficie asfaltata.

d) considerare nelle operazioni di rigenerazione urbana la demolizione e ricostruzione di edifici non più rispondenti agli standard di qualità edilizia, architettonica, energetica, ambientale e di eco-sostenibilità, purché privi di vincoli di protezione, o che dequalificano il tessuto urbano (rientrano tutti almeno in una di queste categorie) “di interesse pubblico” è estremamente pericoloso perché consente l'esproprio forzato del bene di un privato, famiglia o azienda, per favorire magari qualche pesante speculazione edilizia.

Inoltre salvare dalle demolizione solo gli edifici vincolati (tratti di mura 500esche di Padova non lo sono) può comportare un impoverimento della complessità del tessuto urbano e della testimonianza della sua stratificazione storica.

e) Mentre premi di cubatura estemporanei non contribuiscono a realizzare un disegno armonico della città, la qualità della sua immagine, a migliorare paesaggi degradati, come richiesto dalla Convenzione Europea del Paesaggio, ma piuttosto aumentano il disordine urbano, creando una città disorganica senza disegno e senza progetto, il trasferimento di edifici situati in aree a rischio va perseguito anche con aumenti volumetrici, ma sopratutto con una rigorosa prevenzione contenuta nelle prescrizioni legislative.

f) E' positivo che gli interventi di rigenerazione urbana siano individuati in ambiti precisi, ma andrebbero definiti i loro caratteri, i parametri imprescindibili che permettono ad un intervento di essere così definito, quali la presenza di spazi pubblici collettivi, di aree verdi superiori agli standard di Legge, di edilizia residenziale pubblica, di una mobilità sostenibile. In particolare nelle aree delle attività produttive dismesse, la cui modifica di destinazione d'uso comporta di per se un forte incremento di valore dell'area e degli immobili, non può utilizzare tutta la volumetria, adatta ad un industria, ma non pertinente ad un tessuto urbano che va tutelato e garantito con adeguati standard urbanistici e superfici permeabili, che comportino una qualità aggiunta anche nelle aree limitrofe.

g) fra le modifiche alle Leggi vigenti riguardanti la decadenza dei vincoli, dopo 5 anni, delle aree soggette ad esproprio, provocata dalla sentenza della Corte Costituzionale alla quale nessuna Legge nazionale ha ancora posto rimedio, vanno accompagnati (come previsto in un primo testo della proposta INU) con la decadenza delle capacità edificatorie previste dal PRG ad eccezione di piani o progetti convenzionati e concessioni rilasciate, altrimenti si produrranno delle “città mostro”

h) molto interessante è il ricorso “all'attivazione di procedure di evidenza pubblica” per scegliere le proposte di intervento da inserire nei PI in base “ai benefici apportati alla collettività in termini di sostenibilità ambientale, sociale, economica,..standard.. minor consumo di suolo”. E' un procedimento innovativo e trasparente praticato ancora troppo poco nelle città italiane

i) sarebbe opportuna una nuova modalità di applicazione della perequazione urbanistica. E' necessario che si diano a questo strumento nuove regole che prevedano accanto alle trasformazioni urbane, nuove costruzioni o ricostruzioni dell'esistente, la contestuale realizzazione dei servizi pubblici di quartiere e urbani, che per lo più rimangono sulla carta fino alla loro inevitabile decadenza.

l) E' sconsigliabile il ricorso alle deroghe che inficiano proprio nei programmi complessi l'applicazione della Legge e quello alla delega, poiché è utile che sia l'organo democraticamente eletto, il Consiglio, a farsi carico di importanti decisioni, quali la quantificazione del suolo “consumabile”. Anche la commerciabilità dei diritti edificatori meriterebbe qualche riflessione per evitare l'assioma “città- merce” che è il modo in cui la città è stata spesso trattata.

m) Ai Comuni virtuosi che consumano meno suolo di quello consentito dalla Legge Regionale e costruiscono parchi urbani nelle aree edificate la Regione dovrebbe riservare dei “premi” economici e la priorità nell'erogazione dei finanziamenti.

n) un aspetto molto importante riguarda trasparenza e democrazia reale e non solo enunciata, nella partecipazione alle scelte che si compiono nel territorio. Vanno garantiti la pubblicazione e l'accessibilità a tutti i dati relativi al suolo consumato e agli edifici inutilizzati.

Luisa Calimani, Luca Fanton, Giovanna Osti


Venezia 29 ottobre 2015