"CITTA’ AMICA"
– RETE di ARCHITETTI-URBANISTICONTRIBUTO ALLA FORMAZIONE DI UN PROGRAMMA
LE RAGIONI DELLA CENTRALITA’ DELLE QUESTIONI URBANE
Le questioni urbane hanno perso centralità nel dibattito politico degli ultimi anni. Questo è attribuibile in parte alla riduzione dell’emergenza delle esigenze primarie dell’abitare e in parte al ritardo di elaborazione culturale che spiega la modesta presa di coscienza delle origini urbanistiche di alcune attuali emergenze, in primo luogo quelle dell’ambiente e della mobilità.
Non per questo la città ha cessato di rappresentare una delle forme più elevate di espressione della collettività, nonostante l’incapacità di ricondurre ad obiettivi unitari i singoli interventi e la difficoltà di governare la complessità sempre crescente. Il confronto di idee ed il conflitto di interessi, che si trovano alla base di ogni piano e di ogni progetto, non svolgono la funzione di stimolo per un positivo cambiamento che l’urbanistica porta inevitabilmente con sé.
La settorializzazione dei problemi e delle soluzioni, reclamata per ridare efficacia all’azione politica, è stata ben accetta dalle amministrazioni che trovano nelle cadenze ravvicinate un confortante ritorno d’immagine, ma produce nel medio periodo l’aggravamento delle condizioni di vivibilità delle città, fino a rendere impraticabili i percorsi tracciati dai piani e incomprensibili i disegni e gli scenari da perseguire nella costruzione della città futura.
Pur a fronte dei preoccupanti fenomeni di degrado che stanno indebolendo i capisaldi del nostro sistema insediativo, e che in prospettiva minacciano le condizioni di vita di milioni di persone, la città costituisce tuttora il paradigma fondamentale a cui è necessario ricondurre non solo le politiche di settore ("territorio e ambiente"), ma anche una parte significativa delle iniziative che sono riferibili ad un programma di governo alternativo a quello attuale. La città e il territorio possono diventare un "laboratorio" nel quale sperimentare una proposta di riforma di portata generale.
Investire nella qualità urbana significa assumere una visione spaziale e temporale di ampio respiro, che non può prescindere dalla conservazione del patrimonio architettonico, dall’esaltazione dell’identità dei luoghi, dal costruirla dove oggi è assente, dal credere che la bellezza della città sia un valore da perseguire, che l’equità sociale sia parte della bellezza, perché espressione di una civiltà solidale.
Una città amica, rappresenta un obiettivo che si può realizzare attraverso la riattivazione di quel riformismo urbano che ha caratterizzato l’urbanistica e la pianificazione italiana
.Se la società non si rinnova non si rinnova la città; ma il rinnovamento urbano può avviare un forte processo di crescita sociale e democratica, presa di consapevolezza collettiva che annulli le lusinghe di un liberismo senza regole e che sviluppi un nuovo riformismo fondato sull’estensione dei diritti e il potenziamento delle opportunità.
La vittoria sul centro destra è un traguardo più facilmente raggiungibile se all’elettorato viene proposto, accanto all’alternativa di assetto politico, un Progetto alternativo di società che si fonda anche sul Progetto di Città.
La vicenda urbana e territoriale, può essere il centro di un rinnovato impegno di partecipazione per dare risposta alle nuove domande di qualità urbana ed ambientale, di difesa e risarcimento dello stato sociale, luogo in cui si esercita la cultura della solidarietà .
I DIRITTI URBANI
Le questioni urbane sono fortemente intrecciate con le politiche del welfare, dell’economia, dello sviluppo e, in particolare, dei nuovi e tradizionali diritti.
Oltre alla salute, all’informazione, al lavoro all’istruzione, vi sono i
DIRITTI URBANI: diritto alla città, alla casa, alla sicurezza idrogeologica, all’ambiente, alla conservazione del patrimonio artistico. Vi è il diritto all’acqua potabile e ad altri beni elementari la cui erogazione, qualità e costo debbono essere saldamente controllati dall’ente pubblico e qualora così non fosse, è opportuno praticare una verifica degli effetti prodotti dalle privatizzazioni dei servizi primari frequentemente adottate.Una politica di controllo pubblico sull’erogazione dei servizi essenziali diventa ineludibile di fronte alla progressiva difficoltà di approvigionamento di risorse primarie causate dall’impoverimento delle riserve idriche ed energetiche.
E’ proprio nella città, quale espressione tra le più rilevanti della nostra vita quotidiana, che emerge come siano proprio le reti e le relazioni collettive quelle che forniscono le condizioni affinchè questa possa realizzarsi.
Ci si affida spesso a strumenti di gestione, che in nome dell’efficienza dovrebbero garantire servizi più rapidi, ma che spesso si traducono solo in un maggior costo per l’utente senza assicurargli alcuna forma di controllo.
La città è una costruzione sociale che nella dimensione collettiva fonda la sua stessa natura: si impone quindi un forte impegno tecnico e politico per ricondurla a questa sua funzione nella quale convivano individualità e organizzazione.
E’ in questo che si riconosce il diritto di cittadinanza, l’appartenenza alla comunità locale, dove tutela dei diritti e democrazia urbana sono indivisibili.
Senza le fondamenta dei diritti, nessuna costruzione democratica può essere realizzata.
PARTECIPAZIONE E SUSSIDIARIETA’
Va riconsiderato il rapporto tra amministrazione e cittadini, attualmente affidato a pratiche partecipative pensate più in funzione della accettazione delle decisioni assunte che della formazione delle decisioni stesse.
E’ ragionevole supporre che ogni tema di iniziativa politica, dalla riforma del welfare all’innovazione tecnologica, dalle misure rivolte ad aumentare la sicurezza personale alle proposte di un nuovo modello di sviluppo, debba ruotare oggi intorno al modo in cui i soggetti e gli attori delle trasformazioni sociali partecipano ad un processo di riorganizzazione delle forme di convivenza urbana.
Per effetto di un autentico paradosso la centralità assunta dalla città tende a convivere con l’impulso a delegare il suo governo ad una stretta cerchia di soggetti, con la conseguenza da un lato di ostacolare una piena condivisione delle scelte , dall’altro di produrre una qualità della vita che nella maggioranza dei casi è ritenuta ampiamente inadeguata.
Assistiamo ad un processo di progressiva privatizzazione della città, degli spazi urbani più significativi e strategici dove si giocano i suoi destini.
Il culto dello spazio pubblico, come valore simbolico e rappresentativo della collettività, riconduce alla riappropriazione della città da parte dei cittadini attraverso un processo partecipativo diffuso, atto a garantire il controllo collettivo dei luoghi urbani necessari al compimento del disegno e della funzione intrinseca della città. Spazi urbani più ricchi e complessi, collegati da mezzi di trasporto efficienti, che consentano di legare fra loro parti di città messe in rete e raggiungibili da ogni categoria di utente.
Spazi e luoghi nei quali la cultura trovi la sede in cui trasmettere la sua forza propulsiva, attraverso la ricerca e la tecnologia avanzata e la rappresentazione di culture ed etnie diverse. Cultura: magnete delle città, che nella città ha sempre trovato il luogo di eccellenza per esprimersi, perché la città stessa è l’espressione più dirompente della cultura.
Il principio della "sussidiarietà orizzontale", recentemente sancito dalla Carta Costituzionale, va applicato senza confondere il ruolo delle Istituzioni con quello delle Associazioni, che assolvono una funzione encomiabile ma non sostitutiva della Pubblica Amministrazione.
Alla politica spetta il compito di garantire, anche a soggetti portatori di disagi economici e sociali, condizioni che riducano le disuguaglianze. Solo considerando la prestazione di servizi un diritto civile si può assicurare dignità alla persona.
Questo principio applicato alla città si traduce, per lo sfrattato indigente, l’immigrato, l’anziano, in risposte e soluzioni adeguate, convinti che una città aperta, estesa nella sua fruibilità all’intera platea di cittadini-utenti, anche ai più disagiati, più accogliente, sana, sottratta ai meccanismi della speculazione, accessibile a tutti, è una città che tutti vivono meglio.
CITTA’ E MERCATO
Una delle ragioni non secondarie della mancanza d’interesse alla pianificazione sta nel fatto che è il mercato a "suggerire", anche in modo trasparente (attraverso project financing, accordi di programma e altro), proposte di trasformazione territoriale, parziali e frammentarie, senza che su queste si eserciti un adeguato controllo di convenienza sia sotto il profilo dell’interesse pubblico offerto e riscontrabile, sia in rapporto al loro inserimento in un quadro di riferimento complessivo, che è compito dell’urbanistica dare.
I molteplici strumenti di governo del territorio favoriti dal "rito abbreviato", incomunicanti fra loro, si usano a volte per evadere la responsabilità delle scelte, da parte di chi è eletto per compierle, a favore di soggetti privati, necessari alla trasformazione della città, ma incapaci di guidarne lo sviluppo nell’interesse collettivo.
Le scelte, sono così consegnate ai meccanismi del libero mercato e a quelli apparentemente asettici della burocrazia, che giudica sulla base di parametri economici, attribuendo un valore poco significante alla qualità formale e all’equità sociale. L’interesse pubblico non sempre prevale sulle pressioni esercitate dall’investimento immobiliare, più complesso da valutare rispetto al passato perché riferito non alle nuove espansioni, ma a trasformazioni d’uso di aree spesso strategiche per la città, che producono una rendita differenziale e sottraggono risorse preziose alla collettività.
Il piano urbanistico ha sempre tenuto conto del mercato e non solo di quello fondiario, ma il suo compito è quello di svolgere un ruolo di mediazione nell’interesse di tutta la città, per non minare la complessità economica e sociale che è parte fondamentale della condizione urbana.
C’è da chiedersi, a tale proposito, cosa potrà succedere quando saranno esaurite le scorte costituite dalle aree dismesse e dalla riconversione in senso privatistico degli immobili sottratti alla proprietà pubblica.
E’ probabile che si verifichi un’ulteriore pressione per una rivalutazione permanente della rendita nelle sue diverse forme, con la conseguente, ulteriore, accentuazione dei processi di segregazione e di periferizzazione.
Restituire centralità al governo pubblico delle trasformazioni è la condizione per assicurare qualità, efficienza, efficacia alla condizione urbana.
Tali trasformazioni, di segno e portata spesso incerti, trovano l’amministrazione pubblica priva di strumenti idonei e, pertanto, incapace ad intervenire validamente nelle contrattazioni che si stabiliscono nelle diverse sedi, ai diversi livelli.
Il rafforzamento e l’adeguamento della Pubblica Amministrazione debbono costituire un forte impegno per assicurare il raggiungimento di una pronta operatività dei piani, perché le modalità consensuali pubblico - privato richiedono strutture per la decisione, che anche se rafforzate (o sostituite nella fase di costruzione dei progetti) da istituti esterni, debbono assicurare che il soggetto pubblico sia il terminale di ogni scelta; se il mercato è chiamato al tavolo delle decisioni in forma esplicita (senza dubbio un passo avanti rispetto al passato), l’Ente pubblico va dotato di capacità di iniziativa e di valutazione che vanno ben al di là della semplice interpretazione della norma.
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Definire più concretamente alcune linee di sperimentazione impone di misurarsi con la prefigurazione di specifici elementi di progettualità. Si tratta di articolare i principi ispiratori indicati in precedenza in relazione ad alcune proposte che appaiono oggi particolarmente attuali:
Si è affacciata sul mercato della domanda di locazione a basso costo, una categoria di utenti che si aggiunge agli anziani, alle giovani coppie, ai single, alle famiglie monoreddito, quella degli immigrati, che alle difficoltà comuni ad altri, aggiungono la diffidenza nei loro confronti alimentata da culture razziste di vecchio e recente stampo.
La periferia urbana è l’habitat, dove spesso degrado sociale e ambientale coincidono, che ospita quei ceti sociali indesiderati, che a sua volta contribuisce ad emarginare.
Il problema abitativo non è stato risolto dallo sviluppo della casa in proprietà, almeno per quel 20% di popolazione in affitto che in buona parte non riesce ad accedere ad una condizione abitativa decente per ragioni di costo. Inoltre condizioni di lavoro, di studio, di aggiornamento professionale hanno fatto crescere i "fuori sede" che chiedono case in affitto. In sostanza continua ad esistere un’emergenza casa (che le statistiche non rivelano, perché poco codificata), determinata dai prezzi che generano condizioni abitative spesso incivili e improprie (convivenze, affollamento, promiscuità, uso di locali impropri,..)
L’esaurimento degli ultimi fondi ex Gescal impone di affrontare il problema dell’edilizia residenziale pubblica in termini nuovi.
Si devono aggiornare gli strumenti per far fronte a vecchie e nuove domande e alle mutate condizioni strutturali del mercato e del recupero di risorse (a cui le Regioni, destinatarie della competenza esclusiva, non provvedono), per affrontare una situazione che da tempo giace nel disinteresse politico-istituzionale caratterizzato dall’assenza di analisi, proposte e risposte.
Il superamento del P.E.E.P. può avvenire attraverso la diffusione nel territorio urbanizzato di alloggi in locazione che eviti la tradizionale concentrazione di case a canone convenzionato, che come è noto è la più bassa d’Europa, dagli effetti sociali discutibili, che contribuisce a suddividere la città per fasce di reddito.
Pur nella complessità e articolazione che il problema della casa pone, va fatta una scelta di priorità, che consiste nell’ampliamento del patrimonio di edilizia residenziale a canone sociale per avvicinarci agli standard europei, scegliendo di rispondere alla domanda di casa partendo dal bisogno dei ceti più disagiati.
Questo dovrebbe essere parte di un programma di sinistra moderno e progressista: assicurare un alloggio anche e soprattutto a chi non ha denaro per acquistarlo ne per affittarlo a prezzi di mercato.
Per realizzare questo obbiettivo è necessario che in ogni processo di trasformazione urbana sia prevista una quota di edilizia sociale che le Regioni provvederanno a quantificare percentualmente suddividendo i comuni in rapporto al fabbisogno abitativo, poiché il problema casa è un problema tipicamente urbano, con livelli di massima tensione nelle aree metropolitane.
L’innovazione politica, sociale e disciplinare, sta nel considerare l’edilizia sociale come nuovo standard, che alla pari dei parcheggi e del verde e forse a maggior titolo, va assicurato per garantire il diritto alla casa, segno di equità e civiltà, considerato il primo e più elementare diritto alla città.
Ciò assicurando quella continuità tra ambiente naturale e ambiente artificiale (fasce verdi e corridoi ecologici) che ormai si ritiene preziosa sia per motivi culturali, che per ragioni ambientali. Nella città il "verde" deve essere riconosciuto come "sistema", capace di avere un valore strutturale nella armatura urbana, con una funzione rigenerante le condizioni di salubrità dei luoghi.
Centri storici e parchi naturali si configurano oggi come rappresentazioni antipolari emblematiche delle modalità antagoniste in cui si è spezzata l’unità dell’abitare il territorio. Tuttavia ogni giorno prende maggior corpo la certezza che dalle forme di bipolarizzazione non potrà discendere né la salvezza della città, né quella della natura. Si rendono al contrario necessarie strategie complesse che tengano conto, in maniera integrata, dei diversi fattori naturali e culturali che concorrono alla trasformazione continua dell’ambiente abitato nella sua globalità.
Il reperimento di queste ultime dovrebbe essere giustificato da una rigorosa attività di ricerca sullo stato di salute del territorio nazionale, e dovrebbe risultare fattibile grazie anche ad un coinvolgimento dei soggetti interessati alla realizzazione di interventi di trasformazione nei territori caratterizzati da un certo grado di fragilità, assegnando maggiore importanza alle questioni relative alla protezione del rischio anche negli strumenti della pianificazione urbanistica ;
Gli effetti economici del potenziamento del trasporto pubblico non vanno considerati nella sfera circoscritta del pareggio di bilancio dell’azienda, ma comparati ai costi e risparmi collettivi rispetto alla salute, alla manutenzione delle strade, ai danni economici provocati dalle misure di contenimento dell’uso del mezzo di trasporto privato non accompagnate dall’offerta di adeguate alternative.
In questa prospettiva le scelte di piano debbono tendere alla produzione di una nuova e più avanzata concezione dell’interesse pubblico (tutela e valorizzazione del paesaggio, qualità della progettazione architettonica, recupero degli insediamenti degradati e abbandonati, ripristino delle aree vincolate compromesse da interventi abusivi, ampliamento e manutenzione costante degli spazi collettivi, ecc.) oltre al necessario rispetto degli standard urbanistici, parte essenziale dei "diritti urbani". La logica degli standard va estesa e rimodulata, sia per considerare tutte le esigenze irrinunciabili dell’abitare, lavorare, muoversi, sia per considerare i nuovi soggetti ( bambini, anziani, immigrati,..) comparsi sulla scena urbana con proprie specificità ed esigenze, infine per riportarla al progetto di città e per assicurare la loro effettiva realizzazione attraverso strumenti adeguati.
Costruire le centralità periferiche prelude il sovvertimento di schemi precostituiti che si avvalgono delle sperequazioni per alimentare i valori della rendita urbana e della rappresentatività dello stato sociale; significa dare forza, dignità, sicurezza, bellezza, ai luoghi nei quali si addensa l’80% della popolazione.
Lo spazio pubblico, visibile e fruibile, , può essere anche in questo caso per la sua forte carica simbolica, il catalizzatore della centralità attorno cui ruotano funzioni eccellenti di uso pubblico e collettivo; il generatore al quale va affidato un ruolo, non solo in termini funzionali e sociali, ma di rappresentatività di una comunità che nella fisicità della forma e dello spazio urbano in cui si riconosce può trovare un’identità.
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Valori e ideali, nei quali crediamo, assumono concretezza se si declinano in ogni proposta che ne traduca il senso. Proposte, azioni e un programma di coalizione coerente con i principi intramontabili di giustizia, eguaglianza, equità sociale, è ciò che proponiamo anche per la città e il territorio, nell’orizzonte del suo divenire e nei micro processi che lo scandiscono.